venerdì 12 giugno 2015

UNA TEORIA INFINITESIMA

Potrei essere il cancro del buco del culo di una gallina cosmica

La mia curiosità mi ha sempre spinto a filosofeggiare in metafore inesplorate e pensieri irraggiungibili.
Con affetto ricordo la mia maestra delle elementari; una signorina esile, alta e mora, con delle timide acconciature che le gonfiavano i capelli, con gli occhialoni tipici di fine anni sessanta, molto compita, sobria anche nei rimproveri, perfettamente in linea con l'insegnamento filo-cattolico trasmesso dall'istituto parificato, cui i miei genitori avevano concesso la mia prima preparazione scolastica.
S'imparava in una classe di bambini uniformati dal grembiule nero e dai fiocchi colorati, ciascuna delle cinque classi ne adottava uno, e rammento perfettamente i primi fastidiosissimi e rigidi colletti di plastica, color bianco finto, di quelli che non si lavavano quotidianamente ma bastava una sciacquata. Si parlava e si insegnava del sole, la stella più grande; avevo un libro sulla storia dell'uomo e della terra, regalatomi alla mia prima comunione proprio da colei che ricorderò per sempre come la mia prima insegnante; nonostante i miei sei anni, ero affascinato dalle varie illustrazioni raffiguranti i marmi dei grandi scultori, ammiravo la grande foto a doppia pagina della primavera di Botticelli, ma ero attratto anche dalla geografia, dalla scienza, dal cosmo e così affermai a voce alta e non senza emozione, ciò che avevo lentamente letto nell'intimità della mia cameretta:
"Maestra, il sole è la stella più vicina, perciò sembra la più grande".
La mia prima dichiarazione pubblica.
Lei allora cominciò a spiegare com'era fatto il sistema solare, i pianeti che orbitano intorno alla stella centrale, e i vari sistemi a formare la galassia nota e si presume, quelle ignote ed infinite.
Qualche volume dopo, altri docenti mi spiegavano dell'atomo e immediatamente mi apparve così uguale al sistema solare; il nucleo come il sole, gli elettroni come i pianeti, e la mia giovane mente cominciò a percorrere traiettorie tuttora troppo più grandi di me, anche se sono in me.
L'atomo mi compone, è parte della mia stessa materia, e la mia stessa materia è parte di una molecola più grande.
Cominciai a pensare ad una teoria, quella dell'infinitesimamente.
Infinitesimamente piccolo, il mio corpo galattico, formato da un'eternità inesplorabile di galassie atomico-molecolari; quella dell'infinitesimamente grande, una galassia composta da tanti sistemi solari, tanti grandi atomi che formano una molecola di comprensione impossibile.
Cosa c'entro io? Qual è il mio ruolo?
Per assonanza penso ad alcune malattie, di quelle che distruggono o scombinano le cellule, matrici biologiche anch'esse formate da molecole e da atomi infinitesimamente piccoli.
Chi distrugge in un attimo quelli che noi definiamo atomi?
E chi distrugge in una nostra eternità un sistema solare, un atomissimo?
In questa teoria, l'essere umano come da noi inteso potrebbe esserne la malattia genetica mai mappata?
Con i nostri comportamenti egoistici e distruttivi, perché non considerare questa ipotesi; l'essere umano come una malattia programmata per distruggere l'elettrone terra e quindi il sistema solare.
E se quest'atomo su cui spadroneggiamo fosse parte di materia del cervello di un essere supremo e super intelligente, o del buco del culo di una super gallina cosmica, la cosa inciderebbe?
Certo, potrei col mio comportamento influire e decidere di non uccidere il mio elettrone terra e non far ammalare il super essere cosmico; potrei diventare vegan, non contribuire all'effetto serra, vivere senza consumare il mio pianeta elettrone, risparmiare le risorse, insomma, essere in sintonia con la natura e gli esseri viventi, poiché di tutti, solo noi distruggiamo.
In tutto questo, però, un dubbio “Dickiano” mi sorge:
E se invece il mio pianeta fosse la malattia?
In questo caso sarei l'anticorpo della supergallina cosmica, ma nel mio piccolo insignificante universo, non sarei altro che un folle suicida.

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