Il 10 dicembre del 2007, con un gruppo di amici colleghi, costituimmo l’Associazione Marinai Sorrentini con sede in Piano di Sorrento.
Fra gli scopi principali dell’Associazione, c’era la «volontà di instaurare un rapporto longevo con le autorità marittime per la conoscenza di nuove normative e la ricerca di forme possibili di collaborazione».
Ma l’associazionismo locale non era e non è visto dalle autorità quale risorsa; per questo motivo riunimmo tutte le nostre già numerose attività, in un’organizzazione più ampia che siglammo in un patto denominato Lega Autonoma delle Associazioni Marinare, il 25.3.2009 a Porto Santo Stefano, e che mi vide interprete quale Segretario Nazionale e membro del gruppo di lavoro “Personale Marittimo” presso il Corpo delle Capitanerie di Porto a Roma.
Lo scioglimento del gruppo in primis e il muro di gomma istituzionale, mi fece pian piano desistere e mi indusse, nel 2013, a portare all’attenzione di una forza politica che si mostrava rivoluzionaria e della quale ero attivista, delle criticità del settore.
In questo M5S ho creduto, ho messo a disposizione tutto me stesso anche coinvolgendo miei colleghi sull’intero il territorio italiano. Grazie al Movimento sono riuscito a portare la questione nei palazzi romani, alla Camera, al Senato, al Ministero dei Trasporti, ma tutti gli incontri, i dibattiti, i documenti proposti, insomma tutto l’enorme volume di lavoro svolto in questi anni, è rimasto un puro esercizio lessicale.
Credo sempre più fermamente che un movimento politico territoriale, di Sindaci testimoni reali delle necessità di un popolo ridotto allo stremo, non unicamente da questa pandemia che troppo sta monopolizzando l’informazione pubblica distraendo i cittadini dalla quotidianità, sia l’unica strada ormai percorribile, laddove interessi lobbistici premono affinché si indirizzino normative in senso opposto a quelle che dovrebbero essere invece poste a tutela del marittimo e del lavoro.
L’auspicio è che dalle città, magari da Piano di Sorrento, località ovunque nota per il suo storico ruolo nel forgiare esempi marinari di levatura, da questa nuova amministrazione, possa partire una forza promotrice che riesca a coinvolgere i Sindaci di altri luoghi marinari, e supportare tutti insieme la Gente di Mare, così palesemente vessata da normative che non trovano applicazioni negli altri stati membri dell’Organizzazione Marittima Internazionale.
Estratto del video dell’Assemblea pubblica dell’Associazione Marinai Sorrentini del 24.11.2008: da allora la situazione è da considerarsi solamente peggiorata.
sabato 23 ottobre 2021
CHI SALVERÀ LA GENTE DI MARE
venerdì 15 ottobre 2021
QUANTO CI COSTA LAVORARE
Il marittimo, con l’introduzione del codice internazionale STCW (acronimo che tradotto significa standard di addestramento, certificazione e tenuta della guardia) è tenuto ad acquisire certificati abilitativi per svolgere la propria professione, a proprie spese e presso centri privati riconosciuti.
Si va dai corsi base di “primo soccorso”, “sicurezza personale e responsabilità sociali”, “sopravvivenza e salvataggio”, “antincendio base”, per approdare a quelli più specifici, tra cui “antincendio avanzato”, “marittimo abilitato ai mezzi di salvataggio”, “marittimo abilitato ai battelli di emergenza veloci”, poi ancora corsi quali: “radar”, “ARPA”, “ricerca e salvataggio”, “cartografia elettronica”, “gestione della crisi e della folla”, familiarizzazioni varie, posizionamento dinamico, eccetera.
In tutto questo potete immaginare quale sia il volume d’affari dei centri di addestramento privati, considerato che pubblici non ce ne sono (ndr: la riforma Gelmini ha distrutto l’istruzione nautica), e sulle motivazioni per cui vari armatori si siano dedicati a questo settore, considerandolo un vero e proprio serbatoio di liquidità cui attingere quotidianamente.
Ma torniamo ai marittimi. Tutti i certificati hanno una scadenza di cinque anni entro i quali sono rinnovabili; il codice internazionale (sezione A-I-11) stabilisce i parametri per ottenere i rinnovi.
Occorre dimostrare di aver svolto un anno di navigazione negli ultimi cinque, in alternativa a tale requisito, sono previste altre modalità fra cui lavori equipollenti per 30 mesi nei cinque anni antecedenti la scadenza o un periodo d’imbarco di almeno tre mesi negli ultimi sei.
Ebbene, in Italia non è così, infatti entro la scadenza dei 5 anni, il ministero delle infrastrutture e (ora) della mobilità sostenibile, oltre al periodo di navigazione, oltre all’assurdità solo nostrana che l’eventuale periodo di lavoro equipollente debba essere svolto in maniera continuativa annullando di fatto tutti gli stagionali, pretende che il lavoratore svolga corsi di aggiornamento presso i già citati centri di addestramento, chiaramente sempre a pagamento.
Ma l’assurdità assume contorni ancora più paradossali se consideriamo che, scaduto uno o più certificati, bisogna rifare i corsi corrispondenti daccapo e a costo pieno.
Il mondo intero ha dichiarato i “Seaferers key workers” (marittimi lavoratori essenziali), anche l’Italia, ma non nei fatti.
Nota a margine - Ho cercato di semplificare per il lettore a digiuno ed anche per quei parlamentari che volessero farsi carico di queste criticità e rappresentarle alla Camera o al Senato; non sono entrato nelle specificità dei certificati IMO, o trattato di quei casi per i quali ci si vede costretti a riprendere il percorso di studio, o di quelli che hanno visto molti di noi tagliati fuori da parte del mercato lavorativo dal DM 121/2005. I colleghi mi perdoneranno, ma se parliamo di tecnicismi rischiamo di capirci solo noi, e questo non deve mai più accadere.
Mi riprometto di trattare prossimamente altri aspetti del nostro lavoro. #RestiamoSintonizzati...
venerdì 8 ottobre 2021
RICOMINCIO DA...
Tu uomo di mare sempre amerai la libertà.
Ho liberamente adattato a me stesso un verso di Charles Baudelaire.
La mia direttrice è la coerenza, perché la sbandierata onestà senza coerenza è come una barca cui manca il tappo di aleggio e, nonostante tutto, devo ancora spiegare ulteriormente quel che appare evidente.
Non ho abbandonato il M5S, è il MoVimento che non c’è più, trasformato in un partito cui non si è avuto il coraggio di cambiargli nome, aggiungendo una data futura che, se avremo fortuna, la vedremo compiendo 88 anni io e 86 il presidente nominato per ratifica.
La partecipazione popolare, quella consapevole e non dei click, il totale impegno a tutela del bene pubblico, l’ascolto dei cittadini e delle loro esigenze, la particolare attenzione all’ambiente e alla sostenibilità, insomma questo è stato e sarà il mio faro.
Ho dialogato e continuerò a farlo, con tutte le forze politiche, perché il confronto è il sale della democrazia, ma facendo ciò non ho mai snaturato o svenduto il mio essere pensante.
Il dissenso in un gruppo politico dovrebbe alimentare il dibattito e far crescere il collettivo, invece nel nostro caso si è preferito epurare, immediatamente, al più piccolo distinguo.
Allora dovrei parlare della lettera ai MeetUp che ha modificato di fatto l’attivismo in arrivismo, della modalità di scelta dei leader, dei portavoce e degli ectoplasmatici facilitatori: sempre gli stessi.
Dovrei parlare dell’apertura alla società civile che mi ha visto gestire “da solo”, in penisola sorrentina, una campagna elettorale difficile per la presenza in lista, mio malgrado, di un massone in sonno espulso già prima delle elezioni, e approdato in seguito a Italia viva.
Dovrei entrare nel merito dell’apertura dei forni e della ricerca di un accordo per governare a tutti i costi, prima con la lega, poi con il PD.
Dovrei elencare tutti quei provvedimenti che ci hanno resi simili al sistema e che alimentano il voto di scambio sui territori, mi riferisco agli innalzamenti delle soglie per gli affidi diretti, o di quelli che hanno depotenziato il controllo, ossia il conferimento al consiglio comunale del potere di nomina del presidente del collegio dei revisori: provvedimenti ai quali ci siamo opposti ben comprendendone la rilevanza.
Dovrei parlare, anche se oggi tutto si è rivelato con il patto per Napoli, dell’assenza strategica in Città Metropolitana e di come sia stato possibile far dilapidare 440 milioni di euro, alla bisogna dei sindaci e non per interventi strutturali nelle zone omogenee, queste ultime esistenti solo sulla carta geografica quale esercizio grafico-analitico mal riuscito.
Dovrei parlare della scomparsa dei regionali campani in merito alle grandi tematiche locali del comprensorio, e mi riferisco in particolare alla sanità peninsulare e all’ospedale unico, senza tralasciare lo stato catastrofico dei trasporti pubblici e la criticità dei lavoratori stagionali e marittimi.
Dovrei parlare della pantomima degli stati generali, ridotti a esercizi dialettici cronometrici, gestiti con imperizia dai facilitatori, e disattesi in tutti i contenuti politici nei documenti finali e nella designazione di un organo direttivo.
Dovrei, quindi devo stendere un velo pietoso sul grande inciucio operato con l’entrata nel governo Draghi, in quella che nell’ipotesi più buonista possiamo definire l’accozzaglia dei migliori.
Nel tralasciare le non trascurabili motivazioni personali ma che poco appassionerebbero i lettori di dati politici, sono questi alcuni dei motivi principali per cui, nel corso degli anni, mi sono sempre più distaccato dal M5S 2.0 di Luigi Di Maio, e mi hanno fatto prendere le distanze da questo Movimento 2050 del presidente Conte.
È ora di voltare pagina perché siamo tutti colpevoli, anche chi ora mostra i muscoli chiedendo un impraticabile ritorno al passato, perché è stato molto più semplice adagiarsi su comode posizioni, anziché impegnarsi in una vera opera di rinnovamento del modo clientelare di fare politica.
Noi cittadini attivi della penisola, #RestiamoSintonizzati, perché non dobbiamo arrenderci nel pretendere amministrazioni pulite, meritocratiche e lungimiranti. Abbiamo piantato il seme, ma l’acqua si è dispersa; alimentiamo questo arbusto rinsecchito, è ancora vivo. Crescerà forte, verde e rigoglioso solo se ci impegneremo e lo vorremo, perché «impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo» (cit. Muhammad Alì).
Massimo Troisi ricominciò da tre, personalmente ricomincio da 80, non solo un numero importante ma cittadini cui bisogna dare voce; almeno numericamente, sulla carta, parto avvantaggiato.