venerdì 8 ottobre 2021

RICOMINCIO DA...

Tu uomo di mare sempre amerai la libertà.
Ho liberamente adattato a me stesso un verso di Charles Baudelaire.
La mia direttrice è la coerenza, perché la sbandierata onestà senza coerenza è come una barca cui manca il tappo di aleggio e, nonostante tutto, devo ancora spiegare ulteriormente quel che appare evidente.
Non ho abbandonato il M5S, è il MoVimento che non c’è più, trasformato in un partito cui non si è avuto il coraggio di cambiargli nome, aggiungendo una data futura che, se avremo fortuna, la vedremo compiendo 88 anni io e 86 il presidente nominato per ratifica.
La partecipazione popolare, quella consapevole e non dei click, il totale impegno a tutela del bene pubblico, l’ascolto dei cittadini e delle loro esigenze, la particolare attenzione all’ambiente e alla sostenibilità, insomma questo è stato e sarà il mio faro.
Ho dialogato e continuerò a farlo, con tutte le forze politiche, perché il confronto è il sale della democrazia, ma facendo ciò non ho mai snaturato o svenduto il mio essere pensante.
Il dissenso in un gruppo politico dovrebbe alimentare il dibattito e far crescere il collettivo, invece nel nostro caso si è preferito epurare, immediatamente, al più piccolo distinguo.
Allora dovrei parlare della lettera ai MeetUp che ha modificato di fatto l’attivismo in arrivismo, della modalità di scelta dei leader, dei portavoce e degli ectoplasmatici facilitatori: sempre gli stessi.
Dovrei parlare dell’apertura alla società civile che mi ha visto gestire “da solo”, in penisola sorrentina, una campagna elettorale difficile per la presenza in lista, mio malgrado, di un massone in sonno espulso già prima delle elezioni, e approdato in seguito a Italia viva.
Dovrei entrare nel merito dell’apertura dei forni e della ricerca di un accordo per governare a tutti i costi, prima con la lega, poi con il PD.
Dovrei elencare tutti quei provvedimenti che ci hanno resi simili al sistema e che alimentano il voto di scambio sui territori, mi riferisco agli innalzamenti delle soglie per gli affidi diretti, o di quelli che hanno depotenziato il controllo, ossia il conferimento al consiglio comunale del potere di nomina del presidente del collegio dei revisori: provvedimenti ai quali ci siamo opposti ben comprendendone la rilevanza.
Dovrei parlare, anche se oggi tutto si è rivelato con il patto per Napoli, dell’assenza strategica in Città Metropolitana e di come sia stato possibile far dilapidare 440 milioni di euro, alla bisogna dei sindaci e non per interventi strutturali nelle zone omogenee, queste ultime esistenti solo sulla carta geografica quale esercizio grafico-analitico mal riuscito.
Dovrei parlare della scomparsa dei regionali campani in merito alle grandi tematiche locali del comprensorio, e mi riferisco in particolare alla sanità peninsulare e all’ospedale unico, senza tralasciare lo stato catastrofico dei trasporti pubblici e la criticità dei lavoratori stagionali e marittimi.
Dovrei parlare della pantomima degli stati generali, ridotti a esercizi dialettici cronometrici, gestiti con imperizia dai facilitatori, e disattesi in tutti i contenuti politici nei documenti finali e nella designazione di un organo direttivo.
Dovrei, quindi devo stendere un velo pietoso sul grande inciucio operato con l’entrata nel governo Draghi, in quella che nell’ipotesi più buonista possiamo definire l’accozzaglia dei migliori.
Nel tralasciare le non trascurabili motivazioni personali ma che poco appassionerebbero i lettori di dati politici, sono questi alcuni dei motivi principali per cui, nel corso degli anni, mi sono sempre più distaccato dal M5S 2.0 di Luigi Di Maio, e mi hanno fatto prendere le distanze da questo Movimento 2050 del presidente Conte.
È ora di voltare pagina perché siamo tutti colpevoli, anche chi ora mostra i muscoli chiedendo un impraticabile ritorno al passato, perché è stato molto più semplice adagiarsi su comode posizioni, anziché impegnarsi in una vera opera di rinnovamento del modo clientelare di fare politica.
Noi cittadini attivi della penisola, #RestiamoSintonizzati, perché non dobbiamo arrenderci nel pretendere amministrazioni pulite, meritocratiche e lungimiranti. Abbiamo piantato il seme, ma l’acqua si è dispersa; alimentiamo questo arbusto rinsecchito, è ancora vivo. Crescerà forte, verde e rigoglioso solo se ci impegneremo e lo vorremo, perché «impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo» (cit. Muhammad Alì).
Massimo Troisi ricominciò da tre, personalmente ricomincio da 80, non solo un numero importante ma cittadini cui bisogna dare voce; almeno numericamente, sulla carta, parto avvantaggiato.



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