giovedì 15 settembre 2022

I MENO PEGGIO

Quando nel 2009 mi iscrissi al Movimento 5 Stelle abbracciandone la causa, lo feci con estrema convinzione. Pensai che finalmente avrei potuto votare una forza politica di cui mi sentivo partecipe, che mi rappresentava appieno, e promisi a me stesso che mai più avrei dato il mio voto ai "meno peggio", immaginando che il popolo meriti di essere rappresentato nella sua interezza, e dal meglio della politica.
Le cose dal 2013 purtroppo sono cambiate, già nel 2017 si è avuta la svolta verticistica con il beneplacito della maggioranza dei portavoce parlamentari e regionali e, se nel contempo i partiti continuano nella tendenza di rappresentare unicamente loro stessi, il movimento si è involuto, adattandosi e diventando esso stesso partito, ma senza avere ancora punti fermi che non siano individuabili in un “lider maximo”, e quindi attualmente accentrati sulla figura Giuseppe Conte; in sostanza la direzione opposta dalla quale si è partiti e indicata dai tesserati.
Bisognerebbe infatti ricordare gli slogan nei quali abbiamo investito risorse temporali, economiche ed emozionali, nonché caratterizzanti: «Il nostro leader è il programma», «Il programma lo decidiamo tutti insieme».
Alle ultime politiche andammo giù di votazione su ogni singolo punto del programma, onestamente dai risultati abbastanza scontati, ma che comunque coinvolgevano e istruivano attivisti ed elettorato, mentre ora si apprende di un documento già scritto presentato in un evento dal capo politico, il quale sarà anche il candidato presidente del consiglio, alla faccia della separazione fra incarichi politici e governativi (n.d.r. vedi lettera dei consiglieri "ribelli" a Beppe Grillo).
Ma delle interminabili ore, giorni frenetici di consultazioni fra attivisti e portavoce di ogni singola regione, degli Stati Generali rimane nulla giacché i risultati sono stati completamente disattesi, e tutto quel lavoro assembleare e partecipativo, fu cestinato senza nemmeno darne comunicazione, sebbene fu indetta un'altra votazione indirizzata e dall'esito scontatamente plebiscitario, sul quale anche l'ectoplasma di Grillo pose dei dubbi.
Coloro che al congresso (n.d.r. questo dovevano rappresentare i nostri Stati Generali) erano stati designati a riassumere e portare le voci assembleari dei vari inevitabili pensieri, chiamiamole anche correnti, scomparivano nei tavoli virtuali limitandosi alla comparsata nominale; ben ricordo il primus interpares uscito dal nulla, mentre tutti o quasi avevano votato unicamente per un organo direttivo che non fosse composto da soli portavoce. Ebbene, coloro che contestavano, giustamente, la gestione degli stati generali in Campania, che additavano i facilitatori di autoritarismo, ormai famoso l'1,6 arrotondato ad 1 anziché a 2, proprio quei consiglieri comunali da cui avrei da quel momento preso definitivamente le distanze, sono ora candidati al parlamento. Che dire, è evidente che la via sia tracciata e che anche nel movimento ci si fa strada così, uniformandosi.



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