domenica 18 settembre 2016

LA TROPPA INFORMAZIONE È L'ARTE DELLA DISINFORMAZIONE

Immagine da Idir.it
L'appiattimento dell'informazione in Italia è partita dall'era Carosello e, transitando per quella tetteculi, è approdata a quella attuale del telodicoioebasta.
Negli anni berlusconiani, man mano che progrediva il fenomeno del falso liberismo della casa delle libertà, in cui ciascuno faceva (e fa) "quel cazzo gli pare", avvertivo il bisogno di spegnere la tivvù e ancor maggiormente l'esigenza di disinformarmi, non tanto per la proposta gradevole ai miei occhi, quanto per la pochezza concettuale di cui abbisogna l'homo sapiens.

Durante la notte mi si aprivano automaticamente cassetti della memoria, in cui riservavo le cose più inutili e disparate. E di giorno disquisivo cercando di filtrare con un retino per farfalle, il particolato d'idee subliminali che cercavano d'impadronirsi del mio io, spesso riuscendoci; una fatica immane.
Sapevo troppo, e fondamentalmente conoscevo cose inutili che a nulla mi sarebbero servite, se non a mostrarmi una sorta di tuttologo saputello, capace a farsi nemmeno il bidet.
Quando vuoi celare qualcosa, il miglior modo è quello di metterlo ben in evidenza nel caos.
Così trovavo a fatica le cose che realmente m'interessavano, quelle che avrebbero contribuito a farmi sviluppare il mio pensiero, e il tutto con un notevole dispendio d'energie intellettuali; con queste modalità, raramente avevo in me le risposte o perlomeno, mi risultava difficile trovare la chiave per aprire l'esatto cassetto corrispondente.
Prima autodifesa: diminuire i cassetti. Seconda: e non chiuderli a chiave.
Ma il regime si è rigenerato, e allo stesso modo con il quale aveva prodotto il caimano (a sua volta figlio del magnamagna qualunquistico sociale), lo ha distrutto, o perlomeno lo ha relegato in un angolo oscuro e apparentemente lontano, sostituendolo con quanto di peggio possa esistere: l'essere nullità, l'apparenza del niente.
A questo punto la troppa informazione del vago, dello spread, del MIB, del PIL e del Dow Jones, cozza con la vacuità della proposta, spesso anche pericolosa, come nel caso TTIP; urge riformare l'acquisizione delle notizie.
La World Wide Web (grande rete mondiale) se ha da un lato dato la possibilità a chi ha già doti selettive, di cercare ed analizzare, condividere e discutere con soggetti altresì irraggiungibili, ha di contro ulteriormente scavato un solco fra fasce d'utenza, con l'indicizzazione personalizzata dei motori di ricerca; è innegabile, e non so quanto involontariamente, che siano state veicolate bufale colossali, che il tastierista pigro ha contribuito a viralizzare, con la complicità del fenomeno Zuckerberg.
Constato che alla fine siano sempre i medesimi ad essere critici prima con se stessi e poi con gli altri, a manifestare e a mettere in discussione progetti che vanno ben oltre l'ormai superato programma piduistico, poiché la maggior parte dei cittadini preferisce l'aria climatizzata delle mura domestiche, alla diversità delle condizioni meteo della condivisione in piazza.
E se c'è per fortuna ancora, seppur dislocato in tempi di utenza mediatica nulla, un minimo spazio per qualche intellettuale capace di leggere fra le righe ed esprimere un pensiero dissonante, dissenziente o almeno critico, è dilagante il mantra dell'appiattimento del pensiero unico a reti unificate.
Il mio desiderio è ancora quello di disinformarmi, fosse altro per liberarmi da libbre mentali di idee macigniche, che non occorrono ai miei bisogni primari quotidiani, che nell'ordine sono aria, senza la quale sopravvivrei pochi minuti, acqua, pochi giorni, cibo, poche settimane. Dopodiché tutto il resto è alimento per la mente, e quest'ultima preferisco tenerla esile e scattante con una dieta a base di affetti, comprensione e tolleranza, e non obesa e pantofolara, schiava del divano abulico sistemato davanti all'ipnotizzante scatola magica dal menù unico, piatto del giorno propinato a colazione, pranzo e cena.

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