«Il governo ha concluso che il rapido diffondersi dell'infezione del
coronavirus in tutta la nazione poteva portare gravi conseguenze alla salute e
all'economia del Paese».
Con queste parole il primo ministro giapponese Shinzo
Abe, ha dichiarato lo stato d'emergenza covid-19 a Tokyo, Osaka e altre 5
prefetture. In sostanza in quasi tutto il Giappone si chiudono tutte le attività
non indispensabili e si intima ai cittadini di restare in casa; tutto ciò mentre
Mosca è paralizzata e il Sindaco della capitale russa Sergei Sobianin, proroga
il regime di auto-isolamento fino al 30 aprile incluso.
Per chi si stesse chiedendo cosa c'entra il titolo con l'incipit internazionale di
questo articolo, vengo subito al punto.
Il 17 marzo scorso, a seguito dei video imbecilli che diffondevano le
capacità miracolose di alcuni farmaci dal costo esiguo, nello specifico il
russo Arbidol e il giapponese Avigan, scrivevo un post ironico sulla mia bacheca personale di Facebook,
invitando chi leggesse a restare in casa e non credere a queste false notizie,
continuando a comportarsi in maniera responsabile per sé stessi e per gli altri.
Nel giro di tre ore ebbi moltissimi riscontri, nel contempo notai che
in troppi forse si erano fermati all'immediatezza della foto, e forse in tanti non
abbiano voluto far notare la mia ignoranza, credendo che avessi sbagliato a
scrivere "gomblotto": tutto ciò in una ipotesi buonista.
Fatto sta che la mia ironia non fu colta e dovetti cancellare il post,
giacché in un numero cospicuo di commenti, si sosteneva l'assurda tesi
complottistica e il messaggio risultante era quindi per me devastante.
Il tempo è galantuomo, ma quel che mi preme sottolineare non è il dato
oggettivo che avevo palesemente e logicamente ragione, ma sul come sia
possibile immaginare che a fronte di una pillolina di pochi euro, un governo
possa ignorare tale cura e lasciar morire migliaia di persone, inoltre lanciando
un intero paese nel baratro oscuro di quella che sarà una delle più gravi crisi
economiche mai occorse.
Il caos non serve a nessuno, ancor meno in questo periodo di massima
instabilità, anche emotiva, quindi non contribuiamo a diffondere false notizie
e ad intasare inutilmente smartphone e terminali: selezioniamo, verifichiamo, e
non cediamo all'istinto del primo click.
La condivisione delle informazioni è una cosa seria, nella sua pratica virtuosa è riposta parte del futuro della
nostra stessa esistenza, non releghiamola ad un attimo ludico, amplificando l'indifferenza
di un semplice gesto quale può essere un click.
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