venerdì 19 febbraio 2021

DIAMO I NODI AL PETTINE

Se l'alternativa è sostituire i big con altri big, non abbiamo capito niente.

Flashback necessario: 19 settembre 2017, San Gennaro stava compiendo il miracolo, ero impegnato in giri di telefonate frenetiche per stabilire un luogo centrale in cui vederci in serata: la decisione cadde per il più centrale spazio 5 stelle di San Giorgio a Cremano.
Molti consiglieri comunali raccolsero l’invito, il tema era l’elezione del capo politico.
Nulla contro colui che poi lo sarebbe diventato per acclamazione, ma avevamo riscontrato il corto circuito che si sarebbe venuto a creare, laddove il capo politico del M5S fosse coinciso con il candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Scrivemmo una lettera condivisa al fondatore, garante e capo del M5S, Beppe Grillo. Totò e Peppino insegnano che quando ci sono troppe mani a scrivere, le missive non riescono bene in termini letterari, ma il significato era pregnante: «Sosteniamo che premier e capo politico non debbano coincidere perché una figura istituzionale e l’altra di garanzia». Brevi, concisi, essenziali.
Fummo attaccati da tutti, ricordo anche un video abbastanza offensivo, girato a Rimini 5 Stelle da un senatore che riprendeva un attuale facilitatore il quale, figlio della sua giovane età, sussurrava con il sorrisetto beffardo di chi ha capito tutto, che il capo politico era indicato al fine di ottemperare alla legge elettorale: «Semplice, lo capiscono anche i ragazzi»!
Sappiamo tutti poi come andò, Luigi Di Maio diventa capo politico e candidato primo ministro.
Tre anni dopo, novembre 2020, Stati Generali del M5S. Il MeetUp penisola sorrentina mi invita a predisporre un documento da condividere con il gruppo, affinché si fosse presenti e si potesse esprimere il proprio punto di vista. Lo scrivo, e dopo discussione il documento è approvato; si intitolerà «Voce ai Territori».
Nell’esposizione concisa e marcatamente politica, avevo individuato tre punti chiave:
1. Capo Politico e Garante non devono assumere incarichi di governo o esserne espressione. In egual misura i membri del Collegio dei Probiviri e del Comitato di Garanzia.
2. Abolire e vietare doppi incarichi all’interno del MoVimento e finalizzare le restituzioni delle retribuzioni alla nostra macchina organizzativa territoriale.
3. Limitare e destinare il Ruolo dell’associazione Rousseau, allo sviluppo della piattaforma e dei servizi.
Più altri tre punti che avrebbero potuto rinvigorire i cosiddetti MeetUp.
Fummo inghiottiti in un vortice di videocall, Voce ai Territori si integrò con altri gruppi e divenne Io sono il Movimento, lì ciascuno aggiungeva proposte perlopiù tese alla riorganizzazione, perdendo a mio avviso lo scopo “politico” di quello che doveva essere il nostro “congresso”.
Non ho partecipato alle votazioni giacché facilitatori e rappresentanti ai tavoli, non solo hanno prodotto il nulla, ma hanno addirittura omesso i tre punti fondamentali individuati, che seppure in modi ed esposizioni diverse, erano stati significativamente sottolineati più o meno da tutti.
La morale della favola risulta palese per gli accadimenti odierni che stanno di fatto uccidendo il M5S.
Se un partito politico è diretto da membri del governo, è chiaro che si finalizzi l’azione in ottica governista, ad esempio ritardando la votazione, facendo endorsement sostanzialmente a senso unico, isolando i minoritari, impedendo il dibattito, insomma pilotandone l’esito. Se poi ci si mette anche il Garante, che dovrebbe essere super partes e tutela delle minoranze.
Alla fine di tutto quanto finora, vi lascio con due domande:
1. Avevamo torto noi eroi sconfessati e caduti nell’oblio il giorno dopo?
2. Se non si sgombra il campo da ogni eventualità, affinché nemmeno sia immaginabile che il leader finalizzi la politica del “partito” per sue mire personali, ha senso sostituirne la figura con un altro, o i big con altri big?



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